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La trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità: inutile e dispendioso adempimento burocratico o necessario salvacondotto per la tutela degli acquisti su beni di provenienza ereditaria?
Mi capita spesso, in fase di istruttoria di una compravendita immobiliare, di imbattermi in provenienze successorie rispetto alle quali, pur essendo stata debitamente presentata la relativa denuncia di successione, non è mai stata, tuttavia, curata la trascrizione dell'accettazione dell'eredità (espressa o tacita che sia).
Occorre anzitutto precisare che - contrariamente a quanto comunemente si suppone - la sola presentazione della denuncia di successione non comporta accettazione dell'eredità, trattandosi di adempimento a carattere meramente fiscale (e la stessa Giurisprudenza della Suprema Corte è ormai da anni pacifica sul punto).
Dal punto di vista sostanziale, l'art. 476 del codice civile dispone che si ha accettazione tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. In alteri termini, quando il chiamato (che non ha ancora formalmente accettato l'eredità) vende o dispone anche ad altro titolo (ad esempio per atto di permuta, o transazione, divisione etc..) uno o più beni compresi nell'asse ereditario, è evidente che lo fa proprio sul presupposto di considerarsi erede e, quindi, quale diretto avente causa dal defunto.
La disposizione che precede - a carattere sostanziale - deve essere letta e coordinata con l'art.2648 c.c. in tema di pubblicità immobiliare e di trascrizione, che testualmente dispone l'obbligatorietà della trascrizione dell'accettazione dell'eredità che importi acquisto (tra l'altro) di diritti reali su beni immobili, aggiungendo che se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importano accettazione tacita dell'eredità, si può richiedere la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
Stabilita quindi la doverosità (e non anche facoltà) della trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità, quali sono le conseguente ove la stessa non sia curata?
Anzitutto l'acquirente potrebbe soccombere nei confronti di un soggetto che, a dispetto di quanto possa essere indicato nella denuncia di successione (che, lo si ripete, ha valenza eminentemente fiscale) sostenga di essere l'erede "vero" (mentre il c.d. erede apparente è colui che appare legittimato a disporre dei beni ereditari sulla base di circostanze univoche, ad esempio sulla base della denuncia di successione che lo indica quale erede). Ebbene l'erede vero potrà recuperare anche presso il terzo acquirente, benché quest'ultimo sia anche in buona fede, la proprietà dell'immobile di provenienza successoria esperendo la c.d. azione di petizione ereditaria (azione peraltro imprescrittibile; cfr. art.533 e ss. c.c.).
A questo punto l''unico baluardo a difesa dalle pretese dell'erede vero che minacci l'azione di petizione ereditaria contro il terzo che ha acquistato diritti immobiliari dall'erede apparente, è dato dal meccanismo di tutela approntato dall'art. 534 c.c., il quale nell'affermare il diritto dell'erede vero ad agire anche contro gli aventi causa da chi possieda a titolo di erede o senza titolo i beni ereditari, al contempo fa salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente (ad esempio per atto di compravendita) i quali provino di avere contrattato in buona fede (ossia nell'ignoranza di ledere la posizione dell'erede vero). Il tutto a condizione che l'acquisto a titolo di erede e l'acquisto dall'erede apparente siano stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l'erede apparente.
In altri termini - per quanto qui di interesse - a fronte della compravendita immobiliare perfezionata tra erede apparente e terzo acquirente (ove anche in buona fede), ove non sia stata trascritta l'accettazione tacita dell'eredità che scaturisce da tale atto (oltre alla trascrizione della compravendita stessa come è logico e doveroso che sia), il vittorioso esperimento da parte dell'erede vero dell'azione di petizione ereditaria, che abbia trascritto la domanda giudiziale, comporterà per il terzo acquirente medesimo la perdita del bene compravenduto. Certo, quest'ultimo - almeno astrattamente - non rimarrà privo di tutele, in quanto potrà agire nei confronti dell'erede apparente per il risarcimenti dei danni avendo subito la c.d. evizione che, invece, il venditore è tenuto a garantire. Il tutto, purtroppo, con i tempi legati al necessario iter processuale e sempre che, anche una volta giunti a sentenza definitiva, la parte soccombente sia solvibile ossia abbia un patrimonio adeguato (e sufficientemente liquido) a risarcire il danno subito dal proprio acquirente.
Sotto altro ed ulteriore profilo, la trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità si rende necessaria ai fini della c.d. continuità delle trascrizioni di cui all'art. 2650 c.c., altrimenti le successive trascrizioni non produrrebbero effetto.
Ciò detto in punto di diritto - per quanto l'esposizione che precede sia stata necessariamente sommaria, considerata la natura complessa degli istituti giuridici coinvolti - venendo a questioni più "prosaiche": a chi compete il pagamento dell'accettazione tacita dell'eredità?
La risposta non potrebbe essere più semplice: al soggetto tenuto per legge alla stabilità dell'acquisto ossia al venditore.
Notaio Salerno Scatena